venerdì 25 novembre 2016

A proposito del Nobel a Dylan


Svjatlana Aleksievič, Patrick Modiano, Alice Munro, Mo Yan Tomas Tranströmer, sono i nomi degli ultimi cinque premi Nobel per la letteratura. Mi chiedo se Irvine Welsh e Alessandro Baricco siano stati favorevoli anche ai loro premi, e ancora più se abbiano letto qualcosa di questi autori. Io personalmente non li avevo mai sentiti nominare, prima del Nobel. L'ultimo scrittore più o meno noto a ricevere il premio è stato John Maxwell Coetzee, ancora a ritroso ricordo Saramago, Günter Grass e Toni Morrison. Tra i miei preferiti invece devo addirittura tornare al 1976, (non ero ancora nato) per ritrovare Saul Bellow, autore di cui ho letto e apprezzato qualcosa. 

Il Nobel a Bob Dylan, va interpretato come un tributo a un musicista, cantante e paroliere, che con i suoi testi è riuscito a leggere, e spesso ad anticipare i tempi, e la società. Amato da tanti, ma anche disprezzato da alcuni, nel corso della sua carriera non si è mai fermato, né ripetuto. 

Personalmente ritengo che il premio arrivi in ritardo di 40 anni. Dovevano darlo all'autore ancora giovane e arcigno che con "Blood on the tracks" ha scritto una delle pagine più acute e sofferte della sua lunga carriera. Basterebbe il  testo delle sole Tangled up in blue, Shelter from the storm e Idiot Wind (titolo ispirato da Shakespeare) per rendere questo autore meritevole di qualsiasi premio, letterario o musicale. Anticamente non vi era alcuna distinzione tra musica e poesia. Il premio va dunque letto e interpretato in quest'ottica. E' un premio "dionisiaco" da contestualizzare nella tradizione della cultura ellenica. Non a caso spesso la Voce di Dylan è stata paragonata a quella di Omero. Rendo omaggio al Bardo di Duluth, che ha saputo descrivere e raccontare con le sue parole e con le sue canzoni sentimenti che stavano nel cuore di ognuno di noi.

(Scritto il 13 ottobre 2016)