Si intitola Knocked Out Loaded, ma avrebbe dovuto chiamarsi "Epopea sessuale di un romantico salmone". Bob Dylan non è mai stato bravo a ingraziarsi la critica, non era capace da giovane, figuriamoci durante un periodo caotico come gli anni ottanta.
La critica musicale lo avevo abbandonato, girando le spalle alla prima occasione. In effetti era da Self Portrait, il secondo e spiazzante album doppio della sua carriera, che tentavano di impallinarlo, sforzandosi di inventare storielle piccanti, motivazioni risibili per giudicare uno dei più grandi autori e performer di sempre. In questo caso come si usa dire, Dylan mostra il fianco debole, già dalle premesse. Compilando un disco collaborativo e riempito a forza di cover e brani non autografi. Eppure qualcosa di selvaggio e di buono, a impegnarsi, la si trova anche in questo primo disco prodotto dal Nostro. Ci troviamo davanti a quello che potrebbe essere Another Side of Empire Burlesque. Peccato che già il prequel non fosse stato salutato con grande favore da parte di critica e pubblico. Strano, perché nel delirio e nella festa esagerata e sfavillante degli anni ottanta, poteva starci un po’ di indulgenza per questo salmone romantico che si ostina a cercare ancora un’altra gemma in un’epoca dominata da suoni sintetici e vetroresina. Forse il management e l’ufficio stampa avrebbero potuto insistere e fare qualcosa in più. Il guaio è che Dylan non era propriamente uno che stava al gioco, semmai era l’esatto opposto. Perché durante questo “triste” e sfavillante decennio per le vecchie glorie c’era ancora uno spazio e una nicchia, occupata ad esempio da Phil Collins, Mark Knopfler e soprattutto da Bruce Springsteen. Di certo il Boss era la gallina dalle uova d’oro per Sony-CBS, molto più semplice da piazzare e da vendere. Dylan come al solito mostrava il suo lato bizzoso e capriccioso. Però le canzoni, anche nella peggiore delle ipotesi, c’erano ancora. Oggi sappiamo quanto possa contare tutto questo, dopo aver bypassato e recuperato gli anni Novanta, decennio in cui, non a caso, il Nostro torna a essere autorevole e importante, perlomeno in termini di industria musicale. Facciamogli vincere un premio, ripuliamolo e mettiamolo con una chitarra davanti a un microfono, potrebbe bastare, in tempi di magra.
Non si può evitare di citare la performance non memorabile di
We Are The World – Usa For Africa. C’erano tutti o quali, c’era Willie Nelson
che stava al gioco, Springsteen che faceva un figurone in mezzo al top del pop
e della black music. E Dylan? Dylan sta in un angolino e oggi scopriamo fa
fatica a portare a casa la sua strofa nel brano benefico e collettivo. Chi vi
scrive ha sempre nutrito grande rispetto per Quincy Jones, Stevie Wonder, così
come per Lionel Richie e per la maggior parte della produzione musicale di
Michael Jackson. Pur avendo in simpatia Dylan, ci sarebbe da chiedersi, col
senno di poi, se la sua apparizione nel brano (e soprattutto nel video) sia
stata una mossa saggia e costruttiva. Chi vi scrive non è del tutto convinto
non solo dell’operazione discografica, ma soprattutto della presenza di un
artista come Dylan. Vale il gettone di presenza, ma non aiuta a vendere un solo
biglietto, né tantomeno un lp. Anzi, semmai è un danno di immagine e di lesa
maestà, di una leggenda vivente. Sinatra non l’avrebbe fatto
ed Elvis per sua fortuna era assente giustificato. Eppure tra la confusione che
regna sovrana e la volontà di rovinarsi vita e carriera, Dylan continua a fare
musica, a suonare dal vivo con una band come Tom Petty and The Heartbreakers, a
collaborare e a rischiare. Rischiare un mezzo scivolone, nonostante il talento e
l’estro che da sempre gli parano i colpi, salvando il più delle volte baracca e burattini.
Delle otto tracce presente in questo Knocked Out Loaded, nessun pezzo, fatta esclusione per Brownsville Girl, può dirsi un capolavoro. Se andiamo a cercare il pelo nell’uovo dylaniano, scopriamo che questa perla è stata scritta a quattro mani con l’attore e commediografo Sam Shepard, vecchia conoscenza di Dylan dai tempi della RTR e del tour del 1975. Non solo, il brano è in realtà un outtake di Empire Burlesque, con un testo e un titolo differente. La prima versione per chi fosse interessato si chiama appunto New Danville Girl, circola da qualche tempo su YouTube e nel 2021 è stata pubblicata su “Springtime in New York 1980-1985”, sedicesimo volume di The Bootleg Series. Qualcuno potrebbe anche affermare senza problemi che gli anni ottanta di Dylan sono in larga parte da archiviare come periodo buio e poco brillante della sua grandiosa carriera. Non siamo affatto di questo avviso, ritenendo che la critica dovrebbe invece fare l’esatto opposto: gettare nuova luce proprio sulle ombre di un percorso artistico e umano così importante, in termini retrospettivi. Dylan era dato per finito già durante gli anni settanta, quando non aveva ancora quarant’anni.
Lo stesso errore è stato fatto durante gli anni ottanta, e ancora più volte da allora fino ai giorni nostri. Eppure ci sono ancora concerti da fare, canzoni da incidere e dischi da pubblicare. Il 24esimo lavoro in studio viene accolto male dopo la pubblicazione, considerato a torto come uno dei dischi meno riusciti, dal punto di vista artistico e tecnico. A guardar bene nessun artista di alto profilo come Dylan è mai stato trattato così dalla critica musicale. Solo Dylan ha avuto questo poco lusinghiero privilegio. Solo Dylan poteva fregarsene e andare avanti per la sua strada. Pubblicherà ancora un disco “brutto”, forse addirittura il peggiore, due anni dopo con Down in the Groove.
Tuttavia anche
in questa occasione conserverà la dignità e l’integrità morale e artistica.
Potete dire lo stesso voi che leggete e ascoltate? Lo posso pacificamente escludere.
Così come posso escludere che un Greil Marcus abbia davvero capito qualcosa di
importante della vicenda artistica, umana e professionale di Bob Dylan. Le
chiacchiere stanno a zero, visto che dalle paludi degli anni ottanta Dylan
sarebbe uscito con un gioiello da aggiungere alla corona: Oh, Mercy del 1989
prodotto dal talentuoso Daniel Lanois. Anche questa è storia e anche questo è sud, per il romantico salmone e la sua epopea erotica.
Questo post dedicato a Jack Kerouac, è stato scritto nel giorno del suo centenario (1922 - 2022)
Dario Greco
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