mercoledì 31 marzo 2021

Triplicate (2017)

 

Triplicate (2017) 

Triplicate è il 38esimo lavoro in studio di Bob Dylan e come per i due precedenti non contiene brani autografi, visto che è dedicato ai classici della canzone americana il cui minimo comun denominatore è rappresentato dal fatto che fanno parte del repertorio di Frank Sinatra. Tre dischi ciascuno dei quali segue un suo filo tematico. Il primo disco si intitola 'Til the Sun Goes Down e comprende composizioni che vanno da September Of My Years fino a Once Upon a Time, passando per My One and Only Love, Stormy Weather e I Could Have Told You. Il secondo si chiama Devil Dolls e comprende As Time Goes By, P.S. I Love You, Imagination, The Best Is Yet to Come e Here's That Rainy Day. Chiude la sequenza il terzo volume: Comin' Home Late dove troviamo brani come Sentimental Journey, Stardust e These Foolish Things, tra le composizioni. 

La band che lo accompagna, in grande spolvero, è la solita degli ultimi lavori in studio e live. Tony Garnier al basso, Charlie Sexton alla chitarra, Donnie Herron alla steel guitar, George Receli alla batteria e Dean Parks sempre alla chitarra. Come per i precedenti lavori la produzione è di Dylan stesso sotto lo pseudonimo di Jack Frost. I tre singoli il cui compito è quello di promuovere il triplo disco sono "I Could Have Told You", "My One and Only Love", and "Stardust". A rendere questo disco davvero speciale, più che il materiale inciso ci pensa però il momento storico in cui verrà pubblicato. E infatti il 31 marzo 2017, formalmente seppur si tratti di un disco di standard e cover già molto popolari, la prima uscita discografica post-Nobel per la Letteratura, premio che l’artista statunitense aveva ricevuto il 13 ottobre 2016 “per aver creato nuove espressioni poetiche nella grande tradizione musicale americana.” Potrebbe sembrare solo una casualità, così come lo è la durata dei singoli dischi, 32 minuti cadauno, numero fortunato che simboleggia la luce, tanto per citare la Cabala. Difficile dare un giudizio di merito su questo terzo omaggio alla canzone americana d'altri tempi. Si tratta di una scelta che spiazza non poco, ma che se ascoltata nel giusto contesto ci trasporta in un altro tempo, in un'altra dimensione.

Il manifesto programmatico resta lo stesso dei precedenti Shadows in the Night del 2014 e Fallen Angels del 2016. Dischi suonati molto bene con una band dal vivo in studio, dove Dylan sfoggia una voce davvero calda, avvolgente, ispirata come non mai. Allora dov’è il problema, ammesso che ve ne sia uno? Come sempre la percezione del pubblico. Forse un po' stanco di sentire il loro autore e cantante preferito alle prese con una verde milonga alla ricerca del traditional pop standards di sinatriana memoria. Triplicate forse è un po' eccessivo, se ascoltato nella sua interezza, ma ci piace pensare a come sarebbe stato uno spezzatino dei tre volumi, ridotto a 16-18 tracce totali. Forse il capitolo più ispirato e sentito di questo omaggio all'epoca d'oro della canzone pop anni quaranta e cinquanta. Dylan è senza alcun dubbio alla ricerca del suo tempo perduto, di quella mitica radio ascoltata nelle case d'infanzia nel suo amato Minnesota.

Un lavoro perfettamente in linea con la sua attività parallela di dj radiofonico, visto che in precedenza aveva allietato il pubblico dell'etere con il suo pregevole Theme Time Radio Hour. Non capita tutti i giorni di sentire cantare un premio Nobel per la letteratura, ma è comprensibile che il suo pubblico, lo zoccolo duro scalpiti per ascoltare brani autografi e originali, scritti e arrangiati di proprio pugno. Oggi naturalmente sappiamo che da quel 31 marzo 2017 dovranno trascorrere ancora tre lunghi anni e due mesi. Anche se con Dylan non è mai banale parlare di tempo e di spazio. Abbiamo imparato a conoscerlo bene, il suo essere sempre e per sempre Time out of mind. 

Dario Twist of Fate

venerdì 19 marzo 2021

Bob Dylan debut album (1962)

 



Bob Dylan (album omonimo, 1962)

Nessuno, forse nemmeno il grande talent scout John Hammond poteva prevedere quello che sarebbe accaduto, in chiave retrospettiva dopo quel 1962. 

Eppure è proprio da questa data, 19 marzo 1962 che bisogna iniziare, se si vuole ripercorrere in maniera coerente e completa la vicenda artistica di Bob Dylan. Dai primi timidi tentativi di scrittura, che sono appunto contenuti in questo esordio. I brani autografi sono due: Talkin' New York e soprattutto Song to Woody, dedicata proprio al suo mito, Woody Guthrie, la principale fonte di ispirazione per questo acerbo cantautore. Eppure nel disco si sente anche altro, inclusi brani che faranno da lì a breve la fortuna dei loro esecutori. Pensiamo ad esempio a un pezzo come House of the Risin' Sun, che di lì a breve avrebbe fatto la fortuna di Eric Burdon e dei suoi Animals. Ci sono poi altre canzoni che meritano una citazione e una analisi più approfondita, come ad esempio Baby Let Me Follow You Down, brano tradizionale, come lo era anche House of Risin' Sun, arrangiato da Eric Von Schmidt, che resterà però appiccicato a Dylan per lunghissimo tempo.

Che dire di You're No Good? Brano che di fatto rappresenta il primo vero approccio che si possa fare in maniera filologica con la musica di Bob Dylan. Il pezzo che apre il disco è una composizione di Jesse Fuller e mostra tutte le fragilità e le speranze di questo giovane chitarrista e interprete che aveva fatto tanta strada per arrivare in quel di New York per coronare il suo sogno di musicista. Certe volte la vita è davvero strana, come racconterà molto tempo dopo nel suo mirabile memoriale, Chronicles - Volume Uno.

Dylan arriva a New York City in un freddo mattino d'inverno del 1961, per farsi strada tra le amicizie e i salotti radical-chic del Café Wha, del Gerde's Folk City e del Gaslight.

Bastano dunque due sessioni di registrazioni che daranno vita a 36 minuti e 54 secondi di musica, per questo importante esordio per la musica d'autore nordamericana. Eppure in quel 1962 tutto questo sarà riservato davvero a pochissimi fruitori. Il disco infatti, pur avvalendosi di una etichetta importante come la Columbia non venderà moltissimo prima del 1964, quando però il fenomeno Dylan sarà già esploso a livello mediatico specialmente negli Stati Uniti. Arriverà alla 13esima posizione nel Regno Unito, tre anni dopo la sua pubblicazione. Nemmeno la critica musicale gli riserva un trattamento di favore, ma non sarà l'unica volta in cui un nuovo disco di Bob Dylan verrà rivalutato a distanza di tempo. Del resto questa è la condizione che un musicista imperfetto e personale deve imparare a gestire. Bob Dylan non ha mai convinto tutto il pubblico e la critica, non è un cantante perfetto, né un chitarrista eccezionale, ma sopperisce con la personalità, il gusto e il carisma innato, queste carenze congenite.

Il suo disco d'esordio, ascoltato oggi, costituisce un modello di paragone importante, rispetto a quello che avrebbe realizzato nel tempo, alla sua maturità artistica, vocale e musicale. Eppure è davvero incredibile non soffermarsi sui tratti distintivi e sulle qualità di questo esordio. Non sappiamo bene se il merito sia da spartire con chi gli aveva insegnato gli arrangiamenti di certi brani, fatto sta che oggi tutti quei nomi sono solo ricordi sbiaditi, mentre la stella di Dylan splende nel firmamento in maniera sempre più potente e brillante, segno che il tempo è galantuomo con gli uomini di ingegno, di talento e di passione. E Bob Dylan possedeva e possiede tutte queste qualità, se ci consentite di esprimere un giudizio. 


Dario Twist of fate

Illustrazione originale di Elena Artese