martedì 21 novembre 2023

Bob Dylan Trouble No More (1979-1981)

 

The Bootleg Series 13: Trouble No More (1979-1981)

 

Pubblicato il 3 novembre 2017, The Bootleg Series Vol. 13: Trouble No More 1979-1981 chiude, in termini cronologici il decennio anni Settanta per quanto riguarda Bob Dylan live. Si tratta del cosiddetto periodo Gospel, durante il quale il cantautore ha realizzato tre dischi all’epoca piuttosto contestati; parliamo di Slow Train Coming, Saved e Shot of Love, pubblicati tra il 1979 e il 1981. Ascoltati oggi questi lavori possono essere rivalutati, sia a livello musicale e sonoro, sia per i contenuti, all’epoca considerati estremi e tipici di un certo fanatismo religioso. Sicuramente il secondo capitolo della serie, Saved, è quello maggiormente incentrato sul Nuovo Testamento, motivo per cui allo zoccolo duro dei fan, il disco potrebbe risultato indigesto. Musicalmente invece il discorso è piuttosto differente, sia per la qualità delle canzoni, sia per come sono state affrontate e realizzate le registrazioni in studio. Qui ci occupiamo però di analizzare l’aspetto concertistico di questo periodo. Rispetto al Tour 1978, dove Dylan aveva aggiunto fiati, archi e coriste, alcune cose cambiano, a cominciare dalle scalette che verranno proposte per supportare la pubblicazione del suo più recente lavoro, Slow Train Coming. Registrato nei leggendari Muscle Shoals Sound Studios di Sheffield, Alabama, il disco si avvale di una line up di prim’ordine che include Mark Knopfler e Pick Withers dei Dire Straits, il bassista Tim Drummond, Barry Beckett, i Muscle Shoals Sound Studio ai fiati, più un gruppo di coriste composto da Carolyn Dennis, Regina Havis e Helena Springs. Si occupano della produzione Barry Beckett e Jerry Wexler. Il disco ottiene un buon successo commerciale, ma a livello critico non va altrettanto bene, nonostante arrivi per Dylan il suo primo Grammy Awards per la migliore performance maschile. Sotto il profilo concertistico, i live ricalcano quello che possiamo ascoltare su disco, con qualche brano in più, ma con materiale che resta ancorato al nuovo repertorio gospel.

La testimonianza raccolta da Trouble No More, è piuttosto ricca ed esaustiva, visto che il tredicesimo volume delle Bootleg Series esce in versione standard composta da due cd e da quella estesa, deluxe, costituita invece da otto dischi più un DVD. Qui si possono ascoltare 100 esibizioni dal vivo più 14 brani altrimenti inediti. Ascoltando con attenzione e con il giusto tempo che il box richiede, possiamo assistere all’evoluzione di questo periodo di intensa attività concertistica per Dylan e la sua nuova formazione. Nella versione standard troviamo sette canzoni eseguite nel 1979, mentre le altre provengono dai tour del 1980 e del 1981. Inizialmente Dylan e la band eseguono solo materiale originale nuovo, senza riproporre i classici e i numerosi cavalli di battaglia presenti nel repertorio dell’artista. Le cose cambiano andando avanti. Nel box completo possiamo infatti ascoltare l’esibizione di Londra del 27 giugno 1981, dove a fianco alle nuove Gotta Serve Somebody, I Believe in You, Man Gave Names to All the Animals e Dead Man, Dead Man, trovano posto Like a Rolling Stone, Maggie’s Farm, I Don’t Believe You (She Acts Like We Never Have Met), Girl from the North Country e Ballad of a Thin Man. In pratica dopo aver condotto due anni di tour esclusivamente con il repertorio gospel, Dylan torna sui propri passi ed esegue alcuni dei suoi grandi classici, come Mr. Tambourine Man, Just Like a Woman, Blowin’ in the Wind, It’s All Over Now, Baby Blue e altri pezzi più recenti come Forever Young e Knockin’ on Heaven’s Door. Anche la critica intuisce che qualcosa è cambiato e Dylan gradualmente esce dalla sbornia cristiana, per tornare a scrivere, incidere e cantare materiale più eterogeneo, nonostante anche nel successivo Infidels, il tono da sermone a tema religioso sia ancora piuttosto presente, ma trattato in maniera differente, diciamo più ortodosso e in linea con i temi trattati già a partire dagli anni Sessanta.

Sotto il profilo live e di esecuzione, ascoltando oggi questo 13esimo capitolo delle Bootleg Series, bisogna annotare la grande forma di Dylan come esecutore e performer, per non parlare del groove, dell’energia e del tiro della band che lo accompagnava. Un’esperienza sonora di livello assoluto che fa ben sperare dopo alcune parentesi non del tutto riuscite e ispirate, vedi Budokan. Qui invece possiamo sentire il vero suono del Dylan attuale, che guarda al presente e al futuro, senza rinnegare completamente ciò che era stato. La fase kitsch è ormai solo un ricordo. Sono spariti sia gli archi che i flauti, la sezione ritmica è tornata quella di un tempo e l’energia delle chitarre, suonate da Steve Ripley e Fred Tackett, è nuovamente centrale, mentre le tastiere hanno ancora il loro spazio, ma senza stravaganze caraibiche ed esotiche, salvo durante l’esecuzione del brano reggae  Man Gave Names to All the Animals, che suona come il primo di molti omaggi alla musica di Bob Marley, di cui Dylan si scopre un grande estimatore e appassionato.




lunedì 20 novembre 2023

Bob Dylan - The Rolling Thunder Revue 1975

The Rolling Thunder Revue (1975)

 

Riavvolgendo il nastro dell'imponente discografia Dylaniana ritorniamo ora al 2001. A quando il Nostro aveva da poco dato alle stampe “Love and Theft”, 31esimo lavoro in studio. Il cantautore statunitense era fresco di Oscar per la canzone originale Things have changed e anche ai Grammy aveva trionfato nell'edizione del 1998.

Soprattutto il suo sterminato archivio era stato finalmente aperto dando la possibilità al pubblico di recuperare in versione ufficiale una delle sue esibizioni più celebri. Mi riferisco ovviamente alla Royal Albert Hall del 1966. Quella in cui Dylan si esibiva accompagnato da un gruppo elettrico per il tour europeo. Il quarto volume delle Bootleg series viene infatti rilasciato nel 1998 e segna una delle più importanti pubblicazioni antologiche live per Bob Dylan. Mentre ne scrivo la Bootleg Series è arrivata al volume 17, alternando materiale di archivio in studio con registrazioni di live epocali. Nel 2002 viene pubblicato il volume 5 che rende giustizia a uno dei periodi più importanti per quanto riguarda l'attività concertistica del cantautore americano. Si tratta ovviamente del Rolling Thunder Revue, tour del 1975. 

Fino a questo momento a livello ufficiale si conosceva solo quello che era contenuto nel film Renaldo e Clara. E poi c'era Hard Rain del 1976. Quella era però la seconda formazione e il tour successivo, con una scaletta e una band differente rispetto a quella del '75. In più Hard Rain era solo una porzione di una esibizione di Dylan. Il quinto volume delle Bootleg series è invece un bel doppio cd che getta nuova luce su un periodo esaltante e imperdibile per ogni appassionato di musica che si rispetti.

Ventidue tracce che comprendono brani di diversi periodi, inclusi alcuni inediti. Si parte subito forte, fortissimo con i nuovi arrangiamenti di Tonight I’ll Be Staying Here with You, di It Ain't me Babe e ancora di A Hard Rain’s A-Gonna Fall e di The Lonesome Death of Hattie Carrol. Arrivano poi due brani tratti da Desire, che all’epoca dell’esibizione non era ancora stato pubblicato. Tocca a Romance in Durango e a Isis, fare da apripista per quello che sarà poi uno dei dischi più riusciti e amati del Dylan anni Settanta. 

C’è poi spazio per il revival psichedelico di Mr. Tambourine Man per una nuova versione della recente Simple Twist of Fate, per il super classico Blowin’ in the Wind e si chiude con Mama, You Been on My Mind e I Shall Be Released. Entrambe queste canzoni il pubblico le aveva ascoltato e apprezzate nelle versioni di Rod Stewart e di The Band. Stavolta però è lo stesso Dylan a tornare su questo repertorio più insolito e quindi meno conosciuto.

Il secondo disco parte subito forte con un set acustico costituito da It’s All Over Now, Baby Blue, Love Minus Zero/No Limit, Tangled Up in Blue e la tradizionale The Water is Wide. Terminato il set acustico, si torna in pompa magna con una sequenza di brani eseguiti in modo tanto energetico, quanto impeccabile. It Takes a Lot to Laugh, It Takes a Train to Cry, Oh, Sister, Hurricane (che in seguito diventerà un simbolo di questo periodo e uno dei cavalli di battaglia di Dylan, anche se poco eseguito in formato live) la splendida nuova One More Cup of Coffee (Valley Below), Sara, magnifica canzone dedicata alla moglie, Just Like a Woman e la conclusiva e collettiva Knockin’ on Heaven’s Door. 

La formazione che accompagna Dylan comprende Joan Baez, David Mansfield, Roger McGuinn dei Byrds, Bob Neuwirth, la violinista Scarlet Rivera, conosciuta poco tempo prima passeggiando per le vie del Greenwich Village di NY, Rob Stoner al basso e direttore musicale, Howie Wyeth alla batteria, T-Bone Burnett alla chitarra, Luther Rix alle percussioni, Steven Soles alla chitarra, ma soprattutto Mick Ronson alla chitarra elettrica.

Avere in tour musicisti del livello di Ronson, T-Bone Burnett e lo stesso McGuinn, rese l’esperienza Rolling Thunder Revue, qualcosa di nuovo e inedito rispetto al solito. Innanzitutto Dylan era molto ispirato, sia in termini di performance vocale che di soluzioni sonore e di arrangiamento. Questo si percepisce ascoltando il live del 1975 già dalle prime battute e in particolare durante l’esecuzione di un classico come It Ain’t me Babe. 

Qui troviamo un performer ispirato che cavalca davvero la propria epoca, con una versione piuttosto rock ed energica del pezzo. Stoner giura di essere lui l’autore di tale arrangiamento, ma conoscendo Ronson non è facile pensare che quei licks di chitarra siano in realtà farina del suo sacco. Un bagaglio musicale e umano che lo aveva portato a produrre e suonare su dischi importanti come quelli di Lou Reed e soprattutto di David Bowie. 

Il tour della Rolling Thunder Revue, che per lungo tempo era stato rappresentato esclusivamente da Hard Rain (con le esibizioni del maggio 1976 a Fort Worth, Texas e Fort Collins, Colorado) viene di fatto riabilitato e sviscerato, prima attraverso questa quinta pubblicazione antologica delle Bootleg Series e in seguito con l’edizione di un voluminoso box denominato The Rolling Thunder Revue: The 1975 Live Recordings. Quattordici dischi per una durata monstre di 632 minuti, pubblicato il 7 giugno 2019. Il cofanetto venne pubblicato in occasione della realizzazione del film documentario di Martin Scorsese Rolling Thunder Revue: A Bob Dylan Story. Forse il box composto da 14 dischi è più un documento per completisti e maniaci dylaniani, ma ancora oggi la quinta uscita delle Bootleg Series costituisce uno dei migliori dischi dal vivo pubblicati da Dylan, almeno per quanto riguarda la discografia ufficiale.

A distanza di 20 anni possiamo certamente affermare che tale lacuna andava necessariamente colmata, anche perché per un certo periodo di tempo, le pubblicazioni di dischi ufficiali live di Dylan mostravano una certa sciatteria e quasi una volontà a non voler rilasciare il meglio delle esibizioni dal vivo. Pensiamo ad esempio a Real Live, a Dylan & The Dead, ma anche allo stesso Unplugged, quando ci sarebbe la possibilità di ascoltare live come quello del Supper Club di New York del 1993. Sono già passati 30 anni da quella leggendaria esibizione e non è ancora stato pubblicato un volume antologico ufficiale dedicato a quel repertorio. Speriamo venga pubblicato, prima o poi.

domenica 19 novembre 2023

Bob Dylan/ The Band - Before the Flood

Dylan torna in tour per restarci (On the Road Again)


Troppo presto parlare di Neverending Tour, ma il Dylan della seconda parte degli anni Settanta, mostra subito alcune delle sue carte migliori, con una lunga serie di concerti. Si parte forte con i sodali The Band e le cose si fanno subito serie, soprattutto si nota la distanza rispetto al tour di otto anni prima, sempre con la medesima formazione. A dire il vero questa volta partecipa anche Levon Helm, che nel 1966 era stato sostituito prima da Bobby Gregg, poi da Mickey Jones. La differenza più sostanziale è però un'altra. Stavolta The Band non partecipa alla tournée come semplice gruppo di musicisti d'accompagnamento del solista. Questa volta The Band dividono a tutti gli effetti il cartellone con Dylan, eseguendo un loro set, dove suonano i loro grandi successi. 

Il concerto infatti inizia con Dylan & The Band, prosegue poi con i canadesi senza Dylan, poi tocca a quest'ultimo fare un set da solo con chitarra e voce, poi torna The Band per concludere con Dylan e il gruppo che eseguono insieme pezzi del calibro di All Along The Watchtower, Highway 61 Revisited e Like a Rolling Stone. Viene pubblicato un disco doppio a testimonianza di queste esibizioni, con il titolo Before the Flood. I dischi includono esecuzioni realizzate a New York e a Los Angeles tra il 30 gennaio e il 14 febbraio. Durante questo tour Robbie Robertson, come ricordato nel suo memoriale Testimony soffrirà di un forte attacco di panico e avrà un po' di problemi a gestire la seconda trance del tour. Naturalmente nelle esibizioni non c'è alcuna traccia di tutto questo. Il gruppo gira senza intoppo, anzi forse si avverte, rispetto alle esecuzioni del 1966 una sorta di distacco e freddezza, quasi come se venisse azionato il pilota automatico. Probabilmente all'epoca questo disco deluse le elevate aspettative da parte della critica e del pubblico, ma a distanza di quasi 50 anni è una delle documentazioni più fedeli e attendibili della potenza di fuoco di Bob Dylan and The Band in concerto.

Non si tratta di esprimere punti di vista, ma bensì di certificare la qualità di questa formazione in versione live. Un reperto storico unico, che a distanza di anni suona ancora come una vera e propria macchina da guerra. Il merito è di un Dylan la cui resa vocale è tagliere, dura e potente nonché di una band che sapeva suonare ogni tipo di musica possibile. 

Duttile nell'accompagnamento del menestrello, ma in questa occasione con un proprio repertorio degno di nota e di attenzione. Un disco, Before The Flood, da rivalutare e ascoltare, con il punto di vista dello scenario attuale, dove i grandi vecchi del rock suonano ancora dal vivo, ma senza avere più questo tipo di resa ed elasticità. Nonostante ciò, il live non è considerato dai più come la migliore registrazione dal vivo del repertorio di Dylan. Chi vi scrive è d'accordo in parte con questo punto di vista. Detto questo si tratta di un live da recuperare e riascoltare con la giusta attenzione.


Il ritorno di Bob Dylan sulla strada (Pt. 1)

sabato 18 novembre 2023

Bob Dylan at Budokan

 

Bob Dylan at Budokan (1978)


Mentre vi scrivo ho appena terminato la full immersion in questa nuova uscita di Bob Dylan. Mi riferisco a The Complete Budokan 1978 (Live).

Quattro ore e 29 minuti di canzoni eseguite alla Nippon Budokan Hall, le sere del 28 febbraio e del primo marzo 1978, 45 anni fa. David Mansfield e Rob Stoner sono gli unici "superstiti" del leggendario tour 1975-1976 chiamato Rolling Thunder Revue. Ci sono per questa occasione coriste come Helena Springs, tastiere e addirittura un sax tenore suonato da un grande session man come Steve Douglas. È il Dylan che sta per mandare alle stampe un nuovo album che risponde al nome di Street-Legal, ma cosa più eclatante è un artista fresco di separazione con la propria compagna e madre dei suoi figli. Questo aspetto, unito alla perdita di un mito di gioventù come Elvis Presley crea un corto circuito nel modo di concepire le canzoni e quindi la performance dylaniana. Un altro aspetto significativo è che Dylan per la prima volta compie un tour mondiale, andando a suonare per la prima volta in Asia e Oceania.

La scelta più particolare di questo nuovo spettacolo non è solo legata agli arrangiamenti e ai suoni, che sono in realtà un proseguimento di quanto era stato realizzato durante il Rolling Thunder. La sensazione è di un Dylan davvero sopra le righe, che gigioneggia più del solito, quasi con una messa in scena da grande varietà. In pratica è Bob Dylan che si presenta da Milly Carlucci ed esegue brani ritmati, quasi ballabili per attirare le masse e per dare una nuova ventata al proprio repertorio, dove ci sono canzoni che sono state scritte ed eseguite più di 15 anni prima. A questo punto bisogna fare un recap e capire il contesto in cui si muove l'artista.

La scena musicale rispetto a quando si esibiva abitualmente è cambiata e non poco. Il Re è appena morto e sono venuti fuori nuovi artisti come Bruce Springsteen, Warren Zevon e Tom Petty, ma soprattutto c'è stata la rivoluzione punk, unita all'esplosione del fenomeno Disco Music. Nel tentativo di intercettare questo nuovo tipo di musica, rendendo al contempo omaggio a Elvis Presley e a Roy Orbison, Dylan mette in scena uno spettacolo nuovo, luccicante e lustrato a dovere. Ma è ancora il "nostro menestrello"?

Non bisogna mai cascare in questo tipo di ragionamento quando si parla di Dylan, se davvero si vuole essere obiettivi e imparziali. Per quanto mi riguarda comprendo le scelte di un artista che non si è mai fermato completamente, che ha avuto il coraggio e l'incoscienza forse di rischiare, di tentare nuovi percorsi musicali e creativi. Se non l'avesse fatto molto probabilmente non sarebbe durato tutto questo tempo e oltre.

Bob Dylan non è come gli altri e questo lo sappiamo praticamente da sempre. Non conta conoscerlo da dieci, venti o quarant'anni.  

Eppure qui il problema non è necessariamente legato a certe scelte, soluzione o agli arrangiamenti stravaganti e sopra le righe. Il guaio è che certi pezzi sembrano quasi delle parodie. Anche a livello vocale, prendi ad esempio Shelter from the Storm, una delle mie canzoni preferite. Qui è irriconoscibile, quasi inascoltabile. Altre invece sfiorano il capolavoro, penso a It's Alright Ma (I’m Only Bleeding), Ballad of a Thin man, Don't Think Twice It’s All Right, I Shall be Released e Knockin’ On Heaven’s Door. Per oltre metà del live sono favorevolmente impressionato. Tuttavia alcuni suoni e certe scelte non le comprendo del tutto. E poi c'è il problema GREATEST HITS. Forse Dylan ha avuto paura di fare fiasco in Giappone?

Questo lo dico dopo un solo primo ascolto completo. Ci tento a dire chiaramente che questo mio è un giudizio per il 75% favorevole, che quasi certamente migliorerà con altri ascolti più attenti, maggiormente a fuoco, fatti senza fretta e ansia da prestazione. Ascoltare pe la prima volta un box composto da quattro cd che dura oltre quattro ore resta un’esperienza impegnativa se non estenuante, per certi versi paragonabile oggi alla visione in binge watching di una serie tv su piattaforme come Netflix o Prime Video.

Resto un po’ deluso da estimatore e fan per i punti critici di cui ho scritto sopra, ma pazienza. Bisogna farsene una ragione. Cercheremo di farci piacere questa nuova uscita, oppure di passare oltre, andando avanti. La fortuna con uno come Dylan è anche questa. Mediamente ci sono sempre due o tre uscite all’anno e questa in effetti non è stata nemmeno la prima. 

Ci tengo a specificare che non sono abituato a scrivere articoli su uscite discografiche dedicate a materiale live. Non è proprio la mia comfort zone, in quanto preferisco esprimere abitualmente un parere sui dischi in studio, che sono la mia vera passione. La musica dal vivo mi piace condividerla e viverla sul momento. Raramente ascolto dischi live e quasi mai sono parte integrante della mia colonna sonora quotidiana. 

Naturalmente ci sono alcune importanti eccezioni, penso non so al magnifico live di Van Morrison, It’s Too Late to Stop Now del 1974, al box di Dylan della Rolling Thunder Revue, all’Unplugged e naturalmente a Before the Flood con The Band, di cui scriverò una scheda di approfondimento in separata sede.

Concludo dicendo ancora una volta Evviva Bob Dylan, Evviva il rock e il revival anni Settanta. Senza polemica, ma anche senza fette di prosciutto sulle orecchie. Va bene così, no?