(Considerazioni scritte a caldo nel 2012)
Tempest: un disco assoluto, bislacco e sardonico, come solo Dylan può fare. Una produzione brillante e inaspettata. Dopo due dischi musicalmente più ingessati e quasi privi di guizzi del suo genio musicale, (a parte quei quattro episodi maggiori presenti su Modern Times), è arrivata questa bella sorpresa. Un disco godibile, brillante, ma al contempo cupo, funesto. Tempest ti sa conquistare già durante il suo primo ascolto. Aspetto che forse non si verificava da "Love And Theft". Il 35esimo lavoro in studio che coincide anche coi 50 anni di carriera di Dylan, è stato prodotto ancora una volta con lo pseudonimo di Jack Frost nello studio di Santa Monica di Jackson Browne. Ancora una volta troviamo tra i più stretti collaboratori, Tony Garnier al basso e Charlie Sexton, che torna nella band e partecipa al disco, assieme agli ospiti David Hidalgo, che torna a suonare fisarmonica e violino, per la terza volta in un disco di Dylan. Da annotare anche il featuring con il paroliere Robert Hunter, storico collaboratore dei Grateful Dead e amico di Dylan di lungo corso. Dentro questo nuovo lavoro c'è dentro una bella girandola di figure e di personaggi nuovi da aggiungere all'affresco. William Blake, lo spirito di John Lennon, Al Pacino, Keith Richards, Ron Goulart, Leonardo Di Caprio, Louis Armstrong, Charlotte la prostituta, Maria la madre di Gesù, la Regina delle Fate e Cleopatra, fanno tutti da sfondo o da protagonisti al gran circo che mette in scena Bob Dylan.
C'è una nuova citazione a Charlie Chaplin, nel video di Duquesne Whistle, una nuova apprezzabile prova registica di Nash Edgerton, già autore dei precedenti "Must Be Santa" e "Beyond Here's Lies Nothin' ". Un disco lungo e coeso, 68 minuti, come non si sentiva dai tempi di Time Out Of Mind. Un sound che ricorda forse Love And Theft, ma con degli innesti e dei graffi più contemporanei ed efficaci, a livello di arrangiamento e di suono. La cosa che stupisce però è la qualità delle canzoni. Testi e musica. La band capitanata dalla chitarra di Charlie Sexton suona sugli scudi e dimostra, ancora una volta, che c'è sempre voglia e motivo per ascoltare questa Musica. Dylan ancora una volta dimostra la sua maestria nel sapersi districare tra musica ancestrale, testi visionari e controllo dei suoni. In cabina di regia c'è lui, ed è un bene. Nonostante qualche fan nostalgico possa ancora rimpiangere Daniel Lanois, è Dylan il capitano di se stesso in questa sarabanda di storie di mare, di terra e di ferrovie. Il western, le carovane, il fischio dei treni che passano sferragliando e che riusciamo davvero a sentire nelle chitarre di Duquesne Whistle, o nel blues nervoso di Narrow Way... Lasciatemi poi dire qualcosa della meravigliosa "Pay In Blood", la migliore hit dai tempi di Thing Have Changed. Con quell'incedere rock-blues alla Rolling Stones ("Tattoo You"), le chitarre ariose e la ritmica decisa e sensuale. Ed un testo ambiguo quanto basta. Ad un primo ascolto Long And Wasted Years, Scarlet Town, Tempest e Pay In Blood sono le canzoni che restano in testa. Tempest è la sintesi finalmente riuscita tra la sua anima vintage, espressa a più riprese nell’ultimo decennio, e la sfrontatezza folk rock dei suoi anni giovanili. Ci era andato vicino con Love And Theft e Modern Times, ma stavolta c’è riuscito davvero. Un disco che si nutre dell’eterno mito della frontiera americana, tirando fuori dalle viscere della terra dieci canzoni senza tempo. Rispetto al suo precedente lavoro, Together Through Life, questo è sicuramente più cupo, meno consolatorio. Trasuda vita, morte, sangue e fantasmi. La voce di Dylan pare provenire dall'aldilà, proprio come nel suo percorso blakiano di Time Out Of Mind. Scorrono, come in un flusso musicale a ritroso, tanti frammenti e riferimenti. Da Infidels a Blood On The Tracks, da Desire a Blonde On Blonde, da Highway 61 Revisited a Slow train coming. E' semplicemente Bob Dylan, che torna con un suo lavoro tra i più significativi ed importanti della sua carriera. Tempest si muove sugli stessi territori che erano già stati esplorati con Daniel Lanois in cabina di regia durante le sessions di Oh Mercy e Time Out Of Mind, ma ha un sound che ricorda più da vicino Modern Times e "Love And Theft", almeno nei suoi momenti migliori. Un disco lirico, provocatorio, ironico e apocalittico, in poche parole, un disco di Bob Dylan.
"Quest’uomo ha una personalità straordinaria, ineguagliabile. Lo puoi criticare, odiare per come stravolge i suoi brani storici, però l’immensità non si tocca." (Stefano Bonagura)
"Fino a quando un uomo buono scriverà una grande canzone, questo treno continuerà la sua marcia" (Paolo Vites)
Dario "Twist Of Fate" Greco
Anche a me piace tanto, anzi: sono entusiasta
RispondiEliminaBLob Dylan.
RispondiEliminaè sicuramente il grande disco dylaniano dai tempi di time out of mind a qui. nel tempo potrebbe anche superarlo, per impatto ed importanza... staremo a vedere, skywalkerboh. ;)
RispondiEliminaabbastanza d'accordo con te... :-)
RispondiEliminaTullio
"Tempest"è un capolavoro assoluto. Consacra Dylan poeta.il cuore pulsante dell'album è "long and wasted years". Suze rotolo è morta nel febbraio 2011. Finisce una parte della vita di Dylan e di un'intera epoca di sogni, utopie, cambiamenti profondi. L'album si chiude con "roll on John". Dicembre 1980, un'altra data che chiude un'epoca. Dylan scrive canzoni e le canta con la voce spezzata e roca del sopravvissuto, sopravissuto a mille vicende che hanno corso sul filo della lucida follia, sopravissuto come il pilota della canzone dedicata alla tragedia del Titanic, l'unico che resta sveglio mentre tutti rincorrono i loro sogni. Dylan toglie il fiato.la sua visione della vita è di una lucidità che acceca, ma la sua voce è di una tenerezza che consola e lenisce ogni dolore. Ciao. Vorrei dire ancora, ma non voglio tediare. Grazie Carla Cinderella
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