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martedì 29 dicembre 2020
Cosa resterà di questo dannato 2020
Cosa (ci) resterà addosso di questo dannato 2020
"E un anno passa, un anno vola, un anno cambia faccia. E una città che muore, che protegge e che minaccia." (cit.)
Non ho la presunzione di scrivere un pezzo su quelli che
sono stati i migliori dischi del 2020. Ho ascoltato forse meno di venti nuovi lavori, parlo di album usciti tra il primo gennaio e il 27 dicembre 2020. Proverò quindi a tracciare una sorta di bilancio personale, rispetto a quelle che erano le mie aspettative, su questo
anomalo periodo: su quanto sia realmente accaduto.
Dal cappello sono usciti fuori
almeno cinque/sei dischi che mi hanno emozionato, esaltato e accompagnato in questi
tempi funesti. C'è stato un carico di responsabilità maggiore, rispetto agli altri anni, primo perché ho ricominciato ad ascoltare seriamente musica, secondo perché sono stato coinvolto in
un bel progetto di nicchia. Mi riferisco all'etichetta messa in piedi dagli amici Vladimir
Costabile, Mattia Tenuta e Andrea Lato, che poi sarebbero i tenutari
di una piccola realtà come La Lumaca Dischi.
Approfittando di una tregua durante questa pandemia, ci siamo permessi addirittura il lusso di
partecipare a qualche concerto, allestendo il nostro piccolo banchetto delle
meraviglie. Insieme abbiamo assistito a esibizioni di amici e di artisti che fanno parte
della nostra etichetta, ma mi piace citare anche altri stimati professionisti, che abbiamo avuto il piacere di
conoscere, di incontrare, di approfondire.
I miei gusti, lo sapete bene, virano tendenzialmente sul
classico. Ci sono stati alcuni titoli che mi hanno fatto emozionare e
tornare a parlare con vigore e passione di musica, di quella che con un filo di presunzione definisco "la mia musica". Impossibile non citare Bruce
Springsteen e la sua effimera lettera per noi, Letter To You: lavoro che
però, devo essere sincero, una volta esaurito il suo carico emozionale immediato, mi ha lasciato un po' tiepido sulla lunga distanza. In mezzo ho ascoltato altre cose di artisti e band meritevoli di elogi come Bill
Callahan, The Avett Brothers, Calexico e una delle migliori voci e firme
del cantautorato attuale: Sufjan Stevens. Il suo pregevole The
Ascension è forse uno dei migliori dischi ascoltati durante questo 2020. Mentre
compilavo questo testo ho scoperto che erano usciti anche lavori di artisti che
apprezzo molto, cioè Fleet Foxes e soprattutto Jeff Tweedy
leader dei Wilco. In particolare il suo Love Is The King mi ha particolarmente
colpito, perché per certi versi mi pare il disco che avrebbe potuto pubblicare
Tom Petty se fosse ancora tra noi. Sigh! A proposito di Tom Petty, il cofanetto di Wildflowers &
All The Rest, è stato una delle più gradite sorprese musicali di questo ultimo
periodo autunnale. Ascoltare alcune canzoni in versione naked mi ha
ispirato molto e nello stesso tempo mi ha fatto scendere qualche lacrima di
gioia e di pura emozione, in ricordo di un grande come il Nostro compianto Tom!
Last minute mi sono stati segnalati anche i nuovi lavori di Fiona Apple e di Paul McCartney. Fetch the Bolt Cutters, quinto lavoro in studio dell'autrice newyorkese, ricorda per certi versi i dischi di artisti come Tori Amos, Suzanne Vega e Laura Nyro. Si tratta di un disco che ha avuto una lunga e travagliata gestazione, culimanata con la pubblicazione un po' a sorpresa durante lo scorso aprile, in piena pandemia. Secondo molti critici questo lavoro affonda a piene mani a livello tematico nell'esplorazione del confinamento e confronta la solitudine dell'autrice con le restrizioni derivate dall'isolamento. Per certi versi questo nuovo disco di Fiona Apple mi ha fatto tornare alla mente quel gioiello di destrutturazione che era stato Central Reservation, secondo album in studio di Beth Orton. Fatto curioso, la Apple ha partecipato come ospite anche all'ultimo disco di Bob Dylan, Rough and Rowdy Ways, primo lavoro di canzoni inedite pubblicate dal Bardo di Duluth, da Tempest (2012) in poi.
Devo ancora ascoltare per bene il nuovo disco solista di Paul McCartney, intitolato McCartney III anche se le premesse ci sono tutte per ciò che potrebbe risultare tra dei best seller di questo incredibile anno! Diamo tempo al tempo.
Tirando le somme, se proprio dovessi scegliere un solo disco rappresentativo di questo
2020, la scelta sarebbe piuttosto ovvia e scontata: Rough and Rowdy Times di
Bob Dylan. Forse non il capolavoro senile e definitivo per un autore che ci ha
abituato a standard qualitativi elevati e duraturi. Ma se non è il capolavoro
definitivo, si tratta comunque di un disco che entra di diritto tra le sue
migliori uscite dal 1997 a oggi. Personalmente continuo a preferirgli “Love And
Theft” del 2001, ma per ragioni meramente affettive e di contenuto
esclusivamente sonoro. In effetti c'è poco da chiedere a un lavoro di un
artista 79enne dove tra i solchi troviamo brani di pregevole fattura come Key
West (Philosopher Pirate), False Prophet, My Own Version of You, I've Made Up
My Mind to Give Myself to You o Goodbye Jimmy Reed. Come sempre però, quando
parliamo di autori maggiori come Van Morrison, Neil Young, Leonard Cohen, Nick Cave o Paul
Simon, bisogna considerare la forza e la coesione dell’insieme, piuttosto ché i
singoli brani che oggi vengono definiti highlights. Ed è un disco che nel suo
insieme fa le scarpe a molti giovani autori emergenti e affermati.
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