Nessuno canta il blues come Dylan
All'inizio
degli anni Ottanta, Dylan si ritrova per la prima volta nella posizione di non
essere né un prodotto commerciale alla moda né un artista di tendenza secondo
la critica. Le mode dominanti dei tardi Settanta e dei primi Ottanta erano il
punk, la new wave, il funk e la disco, generi dai quali Dylan era molto
lontano, nonostante le sue contaminazioni in chiave di soul music, proprio di
quest'epoca. Il suo ultimo successo commerciale risaliva al 1979, quando Slow
Train Coming fu un grande successo, portandogli in dote il suo primo Grammy per
merito del singolo Gotta Serve Somebody. Nonostante le tematiche religiose e
una musica notevolmente in debito nei confronti del gospel, Dylan aveva chiuso
in attivo un decennio caratterizzato da alcuni alti, ma parecchi bassi. Non ci
fu mai un annuncio ufficiale o qualcosa di simile, ma Infidels segnò il ritorno
per Bob Dylan alla musica laica o quantomeno a materiale privo di riferimenti
cristiani espliciti. Va detto che i richiami religiosi non sono mai mancati nei
suoi lavori, infatti sarebbero continuati anche in futuro. Comunque questa è
un'altra storia, questo è Hemingway!
Infidels è il 22esimo album in studio di Bob
Dylan. Viene rilasciato il 27 ottobre 1983 per conto di Columbia Records.
Lo avevano preceduto tre lavori definiti dalla critica album
"cristiano-evangelici" come Slow Train Coming, Saved e Shot
of Love, anche se a onor del vero solo il secondo era stato un disco
propriamente estremista nei toni e nelle liriche, dato che già Shot of Love in
diversi episodi se ne discosta, musicalmente e a livello testuale. Infidels,
tranne per qualche brano poi scartato in fase di editing e di missaggio,
rappresenta il ritorno alla cosiddetta musica secolare. È un buon successo, a
discapito di critiche circa la scaletta definitiva che lo andrà a comporre.
Innegabile lo sforzo di essere attuale e contemporaneo. A tal proposito
l'eminente Paul Zollo dirà nel tempo: "Infidels non ha perso nulla del suo
potere, a differenza di tanti album del passato. Forse ha il suono migliore tra
i suoi lavori in studio. Il suo genio è profondamente rispecchiato in ciascuno
dei brani. Esclusioni a parte, resta uno dei suoi migliori dischi.
Sotto il punto di vista musicale il disco è saldamente nelle mani di Mark Knopfler, nella doppia veste di chitarra solista e di produttore. Fonti molto vicine all’artista dicono che in lizza per questo disco ci fossero David Bowie e Frank Zappa. Venne scelto invece il chitarrista di Glasgow, probabilmente più in linea con il feeling delle canzoni e che già aveva collaborato con Dylan in studio nel 1979. Lo affianca una band di livello eccellente, dove spicca la chitarra dell'ex Stones Mick Taylor, mentre la sezione ritmica è composta da Sly Dunbar e Robbie Shakespeare. Alle tastiere, Alan Clark.
Infidels è la chiara istantanea di un autore che si esprime con consapevolezza ai massimi livelli, sotto ogni punto di vista: performativo, musicale e testuale. Un performer al massimo, consapevole di avere le carte in regole per tornare. C'è chi sostiene che questo poteva essere il miglior disco dai tempi di Blood on the Tracks se non addirittura superiore. E invece... è un dannato capolavoro! Basti pensare al fatto che questo lavoro ha ispirato artisti del calibro di Caetano Veloso, Tom Petty, Jimmy LaFave, Built to Spill e Craig Finn i quali nel corso degli anni gli renderanno omaggio riprendendo alcuni dei pezzi migliori di questo lavoro.
Pochi dischi del Dylan post anni sessanta possono contare sulla solidità e la compattezza di questo album. Otto brani, quattro per ogni facciata con pezzi di valore assoluto come Jokerman, Sweetheart Like You, License to Kill e I and I, che da soli valgono già il disco. Ai quattro gioielli vanno poi aggiunti i seguenti brani: Dont' Fall Apart on me Tonight, Union Sundown, Man of Peace e Neighborhood Bully. La critica (per una volta benevola verso questo lavoro) resterà un po' spiazzata facendo spallucce quando Dylan utilizza l'arma dell'ironia venendo il più delle volte frainteso e scambiato per un lamentoso reazionario. Riascoltando oggi alcune canzoni verrebbe da dire che l’autore abbia un atteggiamento da boomer, quando afferma:
Le mie scarpe vengono da Singapore, le mie tovaglie dalla Malesia, la mia cintura con la fibbia dall'Amazzonia. Questa camicia che indosso viene dalle Filippine e la macchina che sto guidando è una Chevrolet fabbricata in Argentina. Questo abito di seta è di Hong Kong, il collare del cane è dell'India e il vaso di fiori è del Pakistan. Tutti i mobili recitano "Made in Brazil".
Eppure un artista
sul viale del tramonto non avrebbe dato alle stampe un disco così compatto, lucido e
coerente. E poi, sorpresa delle sorprese, il meglio che aveva scritto (e
registrato) non è neppure presente sul disco. Ci sono infatti almeno tre brani
che avrebbero reso l'album se possibile più valido e di maggior peso specifico. Blind
Willie Mc Tell, Death is Not The End, Lord Protect My Child, Foot of Pride,
Someone's Got A Hold Of My Heart, Clean Cut Kid, Tell Me avrebbero
costituito l'ossatura per un ottimo doppio album. Un ritorno? Forse, anche se per alcuni fan toccherà attendere ancora qualche anno. E' difficile giudicare in termini negativi un disco che lavora per sottrazione e
che rinuncia a pezzi pregiati in nome di compattezza e coerenza in virtù del messaggio che vorrebbe lanciare. Dylan qui è uscito dall'ubriacatura
religiosa e ritorna con la voce più credibile, quella del suo glorioso passato. Non più la voce di una generazione, visto che sono
cambiate molte cose, ma un lucido visionario, che ha letteralmente superato le
fiamme dell'inferno per tornare dai peccatori a raccontare una poco lieta
novella. Peccatori? Meglio dire infedeli.
Considerazioni
personali su Infidels (e sul brano Blind Willie Mc Tell)
Quanta
potenza e quanta rinuncia c'è in questo disco, in questa prova in studio. Non è
facile scrivere e argomentare su quello che poteva essere, ma non è stato.
Eppure noi qui sappiamo come andranno le cose. Basta avere la volontà di
riavvolgere il nastro. Basta acquistare un biglietto e se sei fortunato il tuo
numero uscirà. È stato così per noi, è stato un gioco dove non c'erano
vincitori e sconfitti, perché questo treno non porta più prostitute e
biscazzieri, perché nessuno ha più occhi per vedere e sogni da infilare sotto
cuscini improvvisati. C'è un pianoforte e una chitarra che suonano
magnificamente e c'è una voce che si staglia. Non sembra bella, ma è urgente e
sincera. È la voce di Bob Dylan. Il canto di un menestrello in preda ai
deliri di un blues ancestrale e solitario. Infidels è il disco che poteva
essere e non è stato. Blind Willie Mc Tell è una riflessione sulla fine
dei tempi. Eppure Infidels resta ancora oggi un'idea di viaggio sonoro
preciso, puntuale, consapevole che ci consegna una delle migliori canzoni dai
tempi di Mr. Tambourine Man, quella splendida, ipnotica,
meravigliosa, Jokerman. Una sorta di nuovo alter ego, dove l’autore e il
performer trovano adesione e immedesimazione totale, quasi mimetica. Nessuno
ora canta il blues come Bob Dylan. Nemmeno Dylan stesso!
Dario Twist of Fate