mercoledì 3 luglio 2024

Empire Burlesque: commenti impopolari dylaniani


Qualcuno pensa che Empire Burlesque sia il disco l'album più sottovalutato di Dylan, io non so se questo è vero, ma di certo è uno dei più fraintesi, al pari di cose come Self Portrait, Street-Legal e Saved. Per ritrovare un disco contestato, a questi livelli, bisognerà attendere l'epoca di "Love and Theft". Diciamo che dal dopo Blood on the Tracks e Desire, dischi dove Dylan è riuscito a intercettare nuovamente i favori della critica, qualcosa è andato per il verso sbagliato. Infatti sia la critica che certo pubblico, non ha reagito in maniera positiva alla cosiddetta svolta "black" che il Nostro introduce con il sound sporco, torrenziale di certi passaggi contenuti in Street-Legal e in misura maggiore con il trittico gospel di Slow Train Coming, Saved e Shot of Love. Il furore gospel si attenua, fino a placarsi quasi, con Infidels, dove però Dylan recupera il suono e la sezione ritmica giamaicana, forse anche del suo veleggiare per il mare dei Caraibi. C'è ancora qualcosa di gospel e di black nella scrittura di questo Empire Burlesque. 

Un disco che si apre con passo audace, sbarazzino con l'apparentemente frivola Tight Connection to My Heart (Has Anybody Seen My Love), uno dei capitoli più riusciti di questo disco pubblicato nel 1985. Sono trascorsi oggi quasi 40 anni, tempo sufficiente a fornirci una chiave di lettura consona al fine di collocare il disco dove realmente merita. Si tratta appunto di un momento chiave per la carriera di Dylan. 

È vero che l'album non ha ottenuto il successo sperato e desiderato, ma in termini retrospettivi, ci mostra un artista vivo, consapevole e capace del suo potenziale, molto più che come avverrà con dischi più celebrati, incensati dalla critica, a partire dai due prodotti da Daniel Lanois. Sulla qualità delle canzoni, nessun critico oggi può dirsi convinto che si tratti di materiale scadente, il problema semmai sta nel suono, negli arrangiamenti, che tutti o quasi etichettano come "anni ottanta", "alla moda", come se Dylan stesse inseguendo il successo di colleghi più giovani e più al passo, capaci di scalare le classifiche di vendita. 

A questo malinteso contribuisce l'apparizione al singolo spot We Are the World. Francamente trovo che quello sia stato uno degli scivoloni più clamorosi di Dylan, al pari della partecipazione al concerto di Bologna per Giovanni Paolo II. 

Tuttavia ascoltando oggi il disco del 1985, senza grandi aspettative, ci ritroviamo davanti a un lavoro coeso, con tante idee e capace di spaziare in modo insolito per quanto riguarda suono, arrangiamento e produzione. Forse è proprio questo il limite dell'album. 

Suona poco spontaneo e troppo costruito, rispetto agli standard di Dylan e di certo non gode del momento migliore, in termini di scrittura da parte del Nostro. Eppure ci sono squarci di luce, momenti in cui la creatività e l'intuito dominano e prendono il sopravvento rispetto al controllo e alla disciplina. Ne vengono fuori episodi come il già citato Tight Connection to My Heart (Has Anybody Seen My Love), Emotionally Yours, la solitaria e conclusiva Dark Eyes, la nostalgica e bellissima I'll Remember You, l'apocalittica e ispirata When the Night Comes Falling from the Sky, brano che richiama al contempo All Along the Watchtower e la fase gospel di Saved e Slow Train. Il sound del sintetizzatore è a tratti contraddittorio, ma rende la canzone una miscela sfuggente e intrigante. I testi sono potenti, ispirati, nonostante la critica dell'epoca abbia sostenuto il contrario. 

“Something’s burning, baby” ha un sound cupo, maestoso, da marcia funebre, che mostra un Dylan davvero insolito. Una canzone eccezionale. E poi c’è l’ultima contraddizione dell’album: “Dark Eyes”, completamente acustica, un vero capolavoro. Un brano ipnotico, trascinante e pungente in cui Dylan suona accordi dissonanti, calanti e ci regala un’interpretazione degna del miglior Bob Dylan di sempre. 

Non diremo che si tratta di un capolavoro o qualcosa del genere, ma quantomeno Empire Burlesque, 23esimo disco in studio è tra i dischi maggiormente fraintesi e meno analizzati del prodigioso catalogo dell'artista statunitense.


Situazionismo Dylaniano (pagina Facebook) | 

COMMENTI DYLANIANI IMPOPOLARI |



Nessun commento:

Posta un commento