The
Basement Tapes and The Bootleg Series Vol. 11 (1975)
"L'idea
era di registrare dei demo per altri artisti. Non sono mai stati concepiti per
essere pubblicati, per diventare un disco, per essere presentati al
pubblico." Fortunatamente Robbie Robertson ci conferma ciò che
appare evidente dopo l'ascolto di questo doppio disco pubblicato per la prima
volta il 26 giugno 1975. Otto dei 24 brani sono eseguiti da The Band,
senza Dylan, ma bisogna tenere un altro numero ben più imponente e voluminoso,
per questa raccolta che conta 139 tracce complessive. Le registrazioni risalgono
però al periodo che va da giugno 1967 al 1968. Successivamente verranno
eseguite delle sovraincisioni durante il 1975. La gestazione di questo disco
non è quindi molto omogeneo, così come la scaletta. Le composizioni sono di
Dylan, Robbie Robertson, Richard Manuel e Rick Danko, alcune
delle quali scritte in collaborazione a quattro mani. Il materiale include
almeno 4-5 brani che entreranno di diritto nella storia della musica popolare,
ma la cosa più importante, in termini di documento storico è come avvengono le
sessions e le prove. Resta da dire che non si può parlare di un vero lavoro in
studio, ma che sarebbe riduttivo dire che si tratti di semplici provini, visto
anche il valore e l'intensità con cui vengono eseguite. Purtroppo le
registrazioni e l'acustica della cantina renderanno il suono decisamente lo-fi,
ma se il disco viene ascoltato oggi il problema non sussiste, dato che spesso
la musica viene spesso prodotta in modo simile, anche se la tecnologia ha fatto
passi in avanti, naturalmente.
Escludendo il
primo triennio (1962-1964) più qualche occasionale ripensamento, Bob
Dylan ha scritto, inciso e pubblicato dischi supportato da una band
elettrica o comunque elettro-acustica. Nonostante abbia pubblicato solo 6 album
su 39 con questo tipo di line-up per moltissimi lui sarà sempre una voce folk,
un menestrello armato di chitarra acustica e armonica pronto a regalare note
emozioni e nuove canzoni al mondo. Questa premessa obbligatoria ci conduce
nella cantina più famosa degli anni sessanta. Perlomeno per un certo tipo di
pubblico affascinato dal fenomeno crescente del folk rock. Di quel genere
musicale che oggi abbiamo imparato a chiamare Americana. The Basement
Tapes sono una mappa alternativa, cartina tornasole di un gruppo che
stava muovendo i primi passi e di un autore già celebre e incensato alla
ricerca di ispirazione di un nuovo sound del groove con cui prima o poi sarebbe
tornato a far parlare di sé. Ufficialmente queste registrazioni risalgono al
periodo 1966-1967 ma il disco venne rilasciato dalla Columbia Records solo
durante l'estate del 1975. Bob Dylan all'epoca era già tornato
sia in studio che dal vivo, prima con i The Band e
successivamente con un altro nucleo di musicista che lo avrebbero accompagnato
in studio e nelle esibizioni live di quel carrozzone noto come Rolling
Thunder Revue. Le canzoni e le registrazioni, eccettuate alcune
sovraincisioni che fecero più danno che altro, risalgono quindi a circa 8 anni
prima. E questo non è certo un elemento trascurabile per un artista sfuggente e
mutevole come il Nostro.
La qualità è
rozza, cruda, l'approccio diretto, spontaneo e inconsapevolmente lo-fi. In
maniera libera e informale prende vita un ritratto totale della cultura
americana, attingendo da ogni vena pulsante della storia della musica degli
States. Qui respiriamo l'aria di pianure sterminate, dei deserti e sentiamo gli
odori della terra, dei fiumi, percependo infinite sfumature cromatiche di
questo luogo infinito. I testi si ispirano gioco-forza a quell'America rurale,
entrando nelle viscere di personaggi che sono al contempo santi e peccatori,
prostitute e vergini, amanti del vizio alla ricerca della salvezza dell'anima.
Il fatto che Bob Dylan e The Band si siano chiuso a fare questa
musica arcana e blasfema mentre il mondo sta andando a ferro e fuoco, è un
dettaglio da non trascurare. In effetti ascoltando bene tra le tracce, qualcosa
si avverte anche. Tears of Rage, You Aint' Goin' Nowhere, This Wheel's on
Fire e I Shall Be Realesed (che tuttavia non sarà inclusa nel doppio
album, ma pubblicata separatamente prima da The Band e poi dallo stesso Dylan.)
sono figlie illegittime di questi tempi turbolenti e solo per alcuni mitizzati
e ancora oggi celebrati come una stagione irripetibile. Nota a parte per il
brano I’m Not There, pubblicato ufficialmente solo nel 2007 come colonna sonora
dell’omonimo film ispirato alle molte vite di Dylan e diretto dal talentuoso e
visionario regista statunitense Todd Haynes (ma della pellicola e della
colonna sonora vi parlerò in maniera estesa in un post a parte, più in là nel
tempo).
Non tutto il
lavoro verrà però svolto invano, visto che The Byrds, Peter, Paul and Mary e
soprattutto il britannico Manfred Mann sapranno valorizzare questo
materiale. Personalmente ho sempre apprezzato molto un brano come Goin' to
Apaculpo o lo stesso Million Dollar Bash, mentre il valore di Quinn
the Eskimo (Mighty Quinn) è certificato dal primo posto di questo singolo
nelle classifiche UK, nella versione di Manfred Mann.
Che
dite, ne valeva la pena raccogliersi in uno scantinato con un gruppo di amici
cane sdraiato sul pavimento a fare da groupie casuale?
A rendere
giustizia a queste take ci penserà il tempo e la storia, visto che nel 2014
viene pubblicata la compilation di registrazioni edite, inedite, nastri demo e
versioni alternative che troverete su The Bootleg Series Vol. 11: The
Basement Tapes Complete. Se posso suggerirvi, vi consiglierei di recuperare
direttamente questa versione delle incisioni, se non siete dei completisti
anche in versione RAW a due compact disc. Trentotto tracce che
fanno da mappa riduttiva rispetto alla versione completa da 139 tracce e 6 cd.
Dario Twist of Fate
Grazie Dario per aver dedicato spazio ad una delle opere più misteriose del nostro.canzoni composte per altri cantanti? Forse. Canzoni fatte circolare per anni in modalità underground per rescindere il contratto con la Columbia? Forse. Un condensato di mistero e leggenda. Certo è che, ascoltando i "basament", si sente la grandezza dell'America e della sua tradizione musicale e, soprattutto, si riconoscono le innumerevoli e bizzarre ballate della tradizione folk. Un CD da riascoltare, che sto riascoltando. Carla Cinderella
RispondiEliminaGrazie per il commento Carla.
RispondiEliminaMolte cose restano un mistero. Ma forse è proprio questo il bello quando si pensa a Dylan. :)