martedì 20 dicembre 2022

Blood on the Tracks (Una magnifica ossessione)


Tangled up in Blue (Storia di un ordinario capolavoro)

Non è facile scegliere una canzone capace di rappresentare al meglio i 29 anni di una persona. Indipendentemente da chi sia il soggetto, o la soggetta. Variabilmente all'approccio e all'attitudine, sono cazzi amari, ma la vita non è sempre dolce, nemmeno se fai il pasticciere Trotzkista con la licenza di uccidere.
Perché si parla di una delle linee d’ombra inevitabili, come una lama rugginosa che scava, come un riff violento degli Stones: la chitarra che commenta abilmente le scene di un gangster movie alla Scorsese. Nello stesso modo, per me è molto difficile scegliere, anche se mi vedo costretto a farlo. Il disco è Blood on the tracks, la canzone sarà Tangled up in blue. Fin qui tutto regolare, non fosse che per una questione di maniacale perfezionismo e dovere filologico, verso chi ancora non ha interrotto la lettura, devo motivare perché proprio un verso, perché questo verso mi trasmette al contempo: inquietudine, rabbia, speranza, prospettive di vita. Ambivalente oltretutto, visto che posso utilizzarlo per andare avanti, per tornare indietro e ovviamente per incespicare. Cosa che riesce meglio a un numero sempre maggiore di persone. E’ ineluttabile, in una misura esponenziale, possiamo dire. Ora, se una persona scrive, e lo fa spinto da una certa motivazione, è normale rimanere impigliato, nel goffo tentativo di dissimulare convinzioni. Un punto di vista, un dettaglio, una sorta di illuminazione, si spera. 
Domandiamoci allora perché le migliori letture e le pagine più belle vengano realizzate e assorbite durante il momento più buio, quando cede la resistenza, quando ti accovacci nel tuo piccolo giaciglio, avviluppato nella tristezza, in quella malinconia che per forza di cose, sarà adamantina color magenta. Si arriva a un punto in cui il colore è musica, le parole sono immagini e tutto si mescola bene, come un long drink, come un amabile fine settimana trascorso in compagnia di un’amica, quel gruppo di persone che puoi chiamare casa. Ho scritto finora questa piccola antologia con una precisa metrica, di notte, quando le forze mi venivano meno. Così sono riuscito meglio ad abbandonarmi alla malinconia, al ricordo di ciò che è stato, nel bene e nel male, giusto e sbagliato, seguendo una certa idea, di racconto, di prosa. Scelgo in questa occasione una precisa partitura e inizio da un verso. 

Questo:

Così ora sto tornando di nuovo indietro, devo raggiungerla in qualche modo. Tutte le persone che conoscevamo sono un'illusione per me ora. Alcuni sono matematici altre sono mogli di carpentieri. Non so come sia iniziato tutto non so cosa facciano delle proprie vite, ma io sono sempre sulla strada diretto verso un altro incrocio.
Ora, io non so se avete dimestichezza con il modo di suonare la chitarra di Dylan, con la sua metrica e il fraseggio. Posso solo assicurarvi che in questo brano, qualunque esecuzione voi prendiate, il Nostro non perde un colpo. Mi spiego: non sto parlando da un punto di vista tecnico, lì sappiamo bene che si tratta di un autore a cui è sempre piaciuto prendersi qualche libertà espressiva. Intendo a livello emozionale. E non è affatto una giustificazione, perché bisogna essere davvero ottusi o fatti di ghiaccio per non considerare in un lavoro del genere l’elemento e l’apporto emozionale. Basta ascoltare la versione naked del brano per ricredersi. Parliamo di un autore ispirato ai massimi livelli, oltre le barriere di un chitarrista scambiato frettolosamente per menestrello capace di fare il busker e vagabondare per le vie innevate di New York City. 

Questa volta Bob Dylan decide di fare sul serio e di mettere sul piatto tutto i mezzi di cui dispone. Inclusa la riscrittura, inclusa la possibilità di riconsiderare una registrazione cristallizzata e forse più adatta per descrivere il contesto. Però l’imponderabile e imprevedibile concetto di tempo, spazio e fiuto per l’arte, colpiscono ancora una volta, lasciando il segno. È veramente un altro punto di vista, aggrovigliato nella tristezza. C’è un sentore di sangue in bocca, come se avessi beccato un pugno dritto sui denti, e forse è così, forse invece si tratta di canzoni di redenzione che raccontano di una Terra straniera e desolata più che promessa, di un Tempo vissuto, forse immaginato. Tangled up in blue è quel tipo di brano dove l'autore, da solo, con una band di accompagnamento, in studio, o dal vivo, corre i maggiori rischi. Rischi verso sé stesso, verso gli affetti che aveva tentato per lungo tempo di proteggere. Senza riuscirci. Perché funziona così, tu cerchi di difendere qualcuno, qualcosa, ma in realtà è da te stesso che dovresti proteggerli. Specialmente se la tua componente migliore, quella principale, è autodistruttiva e quindi lesiva. Possono essere le metriche musicali, può essere una tela, può essere sicuramente un foglio bianco come questo o quello che stai visualizzando ora. Per circa 25 anni ho provato rispetto e timore reverenziale verso autori di cui non sapevo poi molto, lo stesso dicasi per scrittori, registi e poeti. Eppure il vero timore è quello che sperimentiamo nei confronti di noi stessi, dei nostri alti ideali, della coerenza. Mi resi conto che c’era qualcosa di distorto in tutto questo, molto presto, e ho tentato per lungo tempo di sfuggire, a me stesso e al mio giudizio rigoroso, avviluppato nella tristezza. Come un cardellino che si dimena e che batte le ali contro vento, in un freddo giorno di pioggia, qui nella campagna irlandese, dove mi trovo proprio ora, in questo momento, mentre sto ascoltando la canzone, senza skippare i brani che non mi piacciono, ma abbondando di repeat-one, quando il pezzo è uno della prima triade, quando ad esempio si sta cantando di un rifugio, un riparo dalla tempesta che infuria, impazza, contro il morire della luce. Davvero bella questa! Non vediamo la luce del sole da circa tre settimane; scarpe usate eppur bisogna andare! Bisogna pedalare, verso quella scoscesa rupe, verso la collina di Hollyhill, col Blues di Marri Again! Del resto la pausa per fare colazione nella spaziosa canteen è solo tra due ore e mezza: se mi dice bene ci saranno quelle salsicce che mi piacciono tanto! E allora, di cosa mi dovrei lamentare, se ieri sono stato in un locale a jammare con ragazzi provenienti da mezza Europa. Proprio io, che non sono mai stato un vero bassista. Forse non importa, forse ci siamo capito lo stesso, e anche loro avevano qualcosa da farsi passare, un dolore, un dispiacere, un momento di nostalgia, avviluppato nella tristezza.

Dario Greco


- SITUAZIONISMO DYLANIANO -

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