A proposito di Shooting Star
A proposito di Shooting Star di Bob Dylan
Nel 1989 Dylan arriva a New Orleans in una fase di smarrimento: lunghi tour, dischi disomogenei, difficoltà nel ritrovare una voce coerente. In Chronicles, descrive la città simbolo della Louisiana come un luogo misterioso e viscerale che “si muove da sola”, una città che sembra impastare calore, fatalismo e musica in ogni strada.
Daniel Lanois lo invita a lasciarsi trasportare da quell’energia primordiale, costruendo un suono che unisce profondità emotiva, riverberi densi e una specie di malinconia luminosa. È in questo scenario che nasce Shooting Star, brano di chiusura del disco, e in qualche modo suo sigillo spirituale. La canzone condensa l’atmosfera di Oh Mercy: meditativa ma mai remissiva, intrisa di rimpianto ma attraversata da una tensione verso la grazia, lucida senza essere cinica.
Il testo ruota intorno all’immagine della stella cadente, simbolo di epifania istantanea, di qualcosa che passa troppo in fretta per essere afferrato. Ogni comparsa del segno celeste innesca una riflessione: prima sull’altro (“I thought of you”), poi su se stesso (“I thought of me”), infine su ciò che si è irrimediabilmente perduto (“Slipped away”). Dylan costruisce un monologo intimo che procede per domande mai risolte: “Did I miss the mark, overstep the line?” È un dubbio morale, affettivo e spirituale insieme, perché la linea è qualcosa che solo l’altro poteva vedere. La relazione evocata è un fantasma che continua a parlare nel silenzio, un legame incrinato dal tempo, forse dalla mancata capacità del narratore di “diventare ciò che l’altro voleva che fosse”.
La sezione centrale introduce un cambio improvviso di scena: “Listen to the engine, listen for the bell / As the last fire-truck from hell goes rollin’ by”. Qui Dylan abbandona il registro intimista e apre una finestra apocalittica. Il paesaggio sonoro si carica di una tensione escatologica: “ultima tentazione”, “ultimo conto”, “ultimo sermone della montagna”. È come se l’addio personale del protagonista si intrecciasse a un countdown cosmico, in cui il tempo per redimersi o pronunciare parole decisive è ormai scaduto. Il finale è struggente: “Guess it’s too late to say the things to you / That you needed to hear me say.” L’ultima stella cadente “slips away”, scivola via, come un’occasione perduta per sempre.
Sul piano musicale Shooting Star è un esercizio di sottrazione. Dylan e Lanois, insieme ai musicisti locali scelti proprio per l’atmosfera peculiare della città, costruiscono un sound minimalista, fatto di chitarre che sembrano muoversi nell’aria come pulviscolo, un organo tenue e una sezione ritmica essenziale.
La produzione di Lanois non invade mai la voce del cantautore ma la accompagna con un’aura di riverbero che rende ogni frase una meditazione a metà tra confessione e preghiera. Lanois, come ricorda Dylan in Chronicles, aveva il dono di “tirare fuori il sapore delle canzoni”, e qui riesce a creare uno spazio sonoro che amplifica il senso di distanza e dissolvenza del testo.
La melodia è semplice, quasi una ninna nanna triste, ma ogni variazione dylaniana nella dinamica vocale aggiunge una tensione emotiva che fa sembrare il brano un dialogo interiore. È una performance in cui l’età, la fragilità e la consapevolezza del limite diventano parte integrante del timbro del cantante.
Shooting Star chiude Oh Mercy e, simbolicamente, chiude anche un’epoca di incertezze per Dylan. La critica parlò di una “rinascita” proprio perché il disco mostrava un autore che rifiutava il manierismo degli anni precedenti e ritrovava una voce profonda, capace di interrogare se stessa e il mondo.
Nel contesto del 1989, con la scena rock attraversata da nuove correnti e Dylan relegato dalla stampa in una sorta di limbo nostalgico, Shooting Star funzionò come un segnale luminoso: una conferma che la sua scrittura sapeva ancora trovare immagini universali, brucianti e perfettamente in linea con la sua tradizione poetica. Il brano è un epilogo che non dà risposte ma ristabilisce una tensione morale e spirituale. Non cerca l'epica né la grandiosità, e proprio per questo si impone con un'intensità che richiama le sue grandi ballate degli anni Settanta.
Shooting Star resta una delle canzoni più misteriose e commoventi del Dylan maturo, un brano che rende visibile la fragilità dell’uomo e dell’artista. Come una stella che attraversa il cielo per un istante, la canzone illumina ciò che è stato perso, ciò che poteva essere e ciò che rimane. In quell’attimo di luce, Dylan sembra riconnettersi a se stesso, come se la stella cadente fosse anche il segno di una possibilità futura: quella di una nuova stagione creativa che, non a caso, nei decenni successivi sboccerà in alcuni dei suoi lavori più celebrati.

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