Shelter from the Storm

A proposito di Shelter from the Storm

Shelter from the Storm, pubblicata nel 1975 nell’album Blood on the Tracks, è una delle canzoni più emotivamente stratificate e narrative della produzione di Bob Dylan. Spesso interpretata come un brano sull’amore perduto, contiene in realtà molteplici piani simbolici: religioso, mitico, autobiografico. Come spesso accade con Dylan, l’apparente linearità nasconde un’intensa complessità.

La canzone si apre con un tono epico e biblico: “’Twas in another lifetime, one of toil and blood”. Il narratore racconta di provenire da un passato di fatiche e oscurità, un mondo dove la sofferenza è condizione naturale. È un paesaggio quasi apocalittico, un’umanità che lotta per la sopravvivenza. L’incontro con la donna, figura luminosa e accogliente, spezza questa dimensione di durezza. Il suo gesto – “Come in, I’ll give you shelter from the storm” – diventa il simbolo di una salvezza possibile, di un riparo emotivo e spirituale.

Il tema del “rifugio” è al centro del brano, ma non si tratta semplicemente di conforto amoroso. La donna viene raffigurata come una figura quasi sacra, un’ancora di misericordia in un mondo che sembra spogliato di pietà. Il verso in cui “she took my crown of thorns” richiama direttamente l’iconografia cristiana, aprendo la strada a interpretazioni religiose: la donna come un angelo, una guida, persino un’allegoria della grazia.

Eppure, la relazione tra i due non è esente da fratture. A un certo punto, “now there's a wall between us”, ammettendo una perdita irreversibile. Il narratore riconosce di aver dato per scontato quel dono, di aver interpretato male segnali cruciali. L’errore umano, la cecità emotiva, diventano parte essenziale del racconto. Il rifugio è stato offerto, ma non è stato custodito.

Shelter from the Storm si distingue per una struttura folk essenziale: chitarra acustica, voce e una progressione melodica reiterata che accompagna l’ascoltatore come un mantra. La ripetizione del ritornello, sempre identico nelle parole ma differente nella loro risonanza emotiva, accentua la dimensione di memoria e rimpianto. Ogni “Come in, I’ll give you shelter from the storm” suona leggermente più carico di nostalgia, come se fosse un’eco di un’occasione irripetibile.

Una curiosità significativa è che esistono diverse versioni del brano, registrate nel corso delle sessioni di Blood on the Tracks. Alcune sono più lente, altre più spoglie, altre ancora più calorose. Dylan ha spesso sperimentato sfumature emotive differenti, quasi a suggerire che la canzone stessa fosse un organismo vivo in evoluzione. In definitiva Shelter from the Storm è uno spleen su ciò che poteva essere e non è stato, ma anche un riconoscimento della grazia ricevuta, anche se perduta. È una meditazione sulla vulnerabilità, sulla memoria, sulla fine della protezione. Un brano che continua a risuonare come una preghiera laica sulla fragilità dell’amore umano.

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