Dylan at the Movies
Quando Bob
Dylan scrive i nuovi pezzi per quello che sarà il suo 23esimo disco in studio,
la cosa che gli sta più a cuore è dimostrare, (a sé stesso) di poter stare sul
pezzo ed essere competitivo con la musica che gira intorno. Un po’ quello
che era stato il chiodo fisso della seconda metà dei settanta e che sarà croce
e delizia durante uno dei decenni più bui per lui e per le vecchie glorie del
rock e del pop. Gli anni ottanta non lasciano scampo, per tutti quelli che non
sanno creare roboante musica da stadio. Basti pensare ad artisti come Bruce Springsteen
e Joe Cocker, i quali pur riuscendo a produrre grandissima musica, finiranno
per snaturarsi, soprattutto in rapporto al pubblico e a quel modo di produrre
musica così intimo e speciale del decennio precedente. E Dylan tenterà di
percorrere la stessa strada di tutti gli altri big che avevano iniziato a fare
musica a cavallo tra i ‘60 e i ‘70. Per farlo si avvale di uno stuolo di musicisti
di altissimo livello. Basti leggere con attenzione i crediti di Empire
Burlesque per farci un'idea. Ci sono pezzi importanti di Tom Petty and
The Heartbreakers, così come alcuni ex e attuali Rolling Stones, e
trovano spazio perfino due membri della E Street Band (ma che poi nel
disco non si sentiranno), senza contare i suoi fidati Al Kooper, Jim
Keltner, Robbie Shakespeare, e le prime apparizioni di musicisti come
Stuart Kimball, Benmont Tench con qui da qui in poi stringerà un sodalizio
destinato a durare nel tempo. Dietro la console c'è anche il mago dei remix
dance Arthur Baker, nel tentativo di dare ai suoni un’impronta al passo
coi tempi e marcatamente radiofonica. L'idea è quella di mettere assieme del
materiale valido per dare seguito al successo, di critica e pubblico,
rappresentato dal suo disco precedente: Infidels. Purtroppo la cosa non
riesce, non perché le canzoni siano prive di valore e di impegno, basti pensare
che da queste session verrà scartato un pezzo come New Danville Girl,
poi recuperato sull'album successivo con un nuovo titolo e un testo leggermente
differente. Si tratta del brano Brownsville Girl scritto con Sam
Shepard. I testi spesso richiamano a un immaginario filmico, aspetto forse
più penalizzante che vincente per il lavoro finale. Non a caso si è sempre detto
che Dylan deve fare Dylan, punto. Sarà così? Qui si percepisce l’idea di un
album drive-in più che Disco Music, come molti hanno scritto, denigrando il
risultato di Empire Burlesque.
Al netto di
un'operazione che pubblico e critica in parte rigettano, senza capire né
ascoltare con impegno, (ma ci può stare, visto che siamo nei tremendi anni
ottanta!) troviamo un tentativo di intercettare quel suono a metà tra rock, pop
contemporaneo e soul. Il sound, tolte le diavolerie di tendenza modaiole, si
rifà in modo netto al periodo 1979-1981, quel cosiddetto periodo religioso, che
la critica ha killerato senza pietà. Eppure ci sono canzoni e suoni che ancora
oggi possono dire la loro. Il valore di brani come I'll Remember You, Emotionally
Yours, When the Night Comes Falling from the Sky, della scarna e
solitaria Dark Eyes, non si discutono. C'è poi un brano che a
nostro parere risulta riuscito e ben calibrato, nel tentativo di rincorrere il
suono contemporaneo dell'epoca. Parliamo di Tight Connection to My Heart
(Has Anybody Seen My Love). Uno dei pezzi dove Dylan riesce ad attualizzare
e modernizzare il proprio canone, senza snaturarsi troppo, ma centrando
l'obiettivo. Empire Burlesque come il precedente Infidels,
risente per certi versi della svolta evangelica, in termini testuale. Don
McLeese afferma: "Anche questo lavoro che esce come album laico,
nel testo del brano di apertura recita un verso che è un riferimento esplicito
al rituale cristiano della comunione. Ci sono altri episodi che riportano alla
luce queste cose. Forse non le afferma, ma se ne distacca, di certo le evoca e
questo ha un significato. Il soul che sentiamo nei solchi di questo lavoro, con
un brano molto bello come Emotionally Yours è il perfetto ponte tra il
Dylan tardo settanta e quello di metà anni ottanta. Un disco complesso ed
eclettico, che è stato etichettato e giudicato come scarso, mentre era un
audace tentativo di stare al passo. Il tentativo di fare un grande disco, un
grande disco di Bob Dylan, con un sound attuale per l'epoca. Un suono che
nei migliori episodi è certamente formidabile. O meglio: se tutti brani fossero
al livello della prima traccia, di I'll Remember You e di When the
Night Comes Falling from the Sky oggi potremmo parlare del riuscito sequel
di Infidels. Così purtroppo non è stato. Bisogna perciò tenere il buono
e archiviare i pezzi irrisolti e meno riusciti. Certo, è innegabile come di lì
a breve, le canzoni brutte e non riuscite diventeranno tante, per un grande autore
come Dylan. Per Alex Lubet il disco va di pari passo con brani
che hanno più cambi di accordi, forme più complesse rispetto al materiale
precedente. Certi brani si avvalgono di meravigliose melodie, ottimi cambi di
accordi, ma non si sposano perfettamente con i testi. Una complessità musicale
che nuoce all’audience dell’album, dove Dylan ci mostra di padroneggiare
strumenti di cui la gente non pensava potesse servirsi. Anche il critico Robert
Christgau si distacca dalla lista dei detrattori di questo episodio,
affermando che nella migliore delle ipotesi Dylan ha raggiunto la
professionalità che ha sempre affermato come suo obiettivo; potendo contare sul
talento necessario per inventare un buon gruppo di canzoni. Per chi fosse
interessato a recuperare una recensione negativa ma molto divertente,
consigliamo quella di Greil Marcus, dal titolo Un’altra rentrée,
apparsa su Village Voice il 13 agosto 1985. Stavolta un signorile Marcus
non definisce il lavoro rifiuto alimentare organico, ma si limita a definirlo
fanghiglia, un disco meglio assemblata rispetto a Street Legal (Sic!).
Peccato che
chi applauda al futuro Oh Mercy non abbia apprezzato e compreso a fondo
il valore e il senso di Empire Burlesque per il suo autore. Perchè senza
questi esperimenti e quel desiderio ossessivo di restare sulla breccia, (un
fiasco completo) non avremmo in seguito i tour con Tom Petty e la sua
band, ma soprattutto non avremmo un disco nel 1989 prodotto da Daniel Lanois.
Se vi sembra poco…
Dario Twist of Fate
Ciao Dario. Che bel commento! Poco o nulla da aggiungere se non che Bob Dylan "sopravvive" da Bob Dylan, cioè creando ottima musica! È un disco coinvolgente, che si ascolta volentieri perché ha un ritmo teso, che non conosce pause né tiepidezze.i brani che hai citato sono stati eseguiti con un sound nitido dagli hearthbreakers, con l'apporto notevole di ottime coriste, in uno spettacolo live di ottimo livello, in Australia, nel 1986.... credo. Grazie. Ciao. Carla Cinderella
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